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<TR>
<TD>
<div style="position: relative;">
<IMG id="ridImg" src="http://www.salfi.it/metaping/salfi-notizie/salfi-header1.jpg" border="0" align="center" width="650" >
<div style="position:absolute; top: 32px; right: 24px; color:#009900; font-family: Arial; font-weight: bold; font-size: 12px;">5 Marzo 2018</div>
</div>
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<div style="width:540px; margin-left: 30px; position: relative; margin-top: 40px; border-bottom:1px solid #343399;">
<SPAN style="color:#88888d; font-family: Times New Roman; font-weight: bold; font-size: 24px; line-height: 63px;">Notizie di Interesse</SPAN>
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</div>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Cassa, fatture al bivio della registrazione</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Gianfranco Ferranti
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
19
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Regime di 'cassa'. Le due principali questioni che si pongono riguardano i rapporti tra le regole stabilite per l'annotazione delle fatture di acquisto e la detrazione ai fini dell'Iva e quelle per la deduzione dei relativi costi in sede di determinazione del reddito delle imprese minori che optano per il regime 'di registrazione Iva' e la persistenza della necessità di tenere memoria delle rimanenze. Anziché tenere i registri degli incassi e dei pagamenti, o quelli Iva integrati con le annotazioni richieste ai fini delle imposte sui redditi, i contribuenti possono scegliere se tenere i registri Iva senza effettuare le annotazioni relative agli incassi e ai pagamenti, annotando separatamente le operazioni rilevanti soltanto ai fini della determinazione del reddito d'impresa. Tale criterio è più semplice degli altri e può essere adottato da tutti i soggetti Iva. L'opzione, vincolante, va esercitata per almeno un triennio. Nell'ambito di tale regime è rilevante il momento in cui va effettuata la registrazione delle fatture ai fini dell'Iva che deve tenere conto delle novità introdotte dal dl 50/2017.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Più rimanenze tracciate: più difese dagli uffici</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Gianfranco Ferranti
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
19
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Le rimanenze finali non concorrono a formare il reddito delle imprese minori ma si ritiene che sia ancora necessario tenerne memoria. I contribuenti sono tenuti a tenere memoria delle variazioni delle rimanenze intervenute dopo il passaggio al regime 'di cassa', oltre che per motivi extrafiscali, perché ad esempio nel rigo RG38 della prossima dichiarazione dei redditi è richiesta l'indicazione delle rimanenze finali del 2017 o della loro insussistenza. Inoltre, è in corso di adozione una nuova metodologia basata sulle rimanenze finali di magazzino, che permetterà la corretta applicazione degli studi alle imprese minori. Nei modelli relativi alla comunicazione dei dati relativi agli studi di settore continuerà, quindi, ad essere richiesta l'indicazione dell'ammontare delle rimanenze finali. In caso di passaggio al regime ordinario occorre distinguere tra le rimanenze di merci il cui costo è stato dedotto in regime semplificato e quelle per le quali non è stato ancora effettuato il pagamento, che rileveranno come esistenze iniziali secondo le regole della competenza.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Più convenienza ai prestiti 'P2P'</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Andrea Marchegiani e Agnese Menghi
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
20
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Con l'introduzione della ritenuta sui prestiti peer to peer (P2P) ad opera della legge di Bilancio 2018, il legislatore torna ad occuparsi del crowdfunding, cercando di delineare una normativa fiscale per il settore Fintech andando ad integrare l'art. 78 del Codice del Terzo settore che prevede una ritenuta del 12,50% sui prestiti P2P, se finalizzati al sostegno delle attività di interesse generale. La novità è stata introdotta in due fasi: includendo i proventi derivanti dai prestiti P2P tra i redditi di capitale; prevedendo l'obbligo per gli intermediari intervenuti nell'operazione, di applicare una ritenuta del 26% a titolo d'imposta su quei proventi. I prestiti P2P sono una particolare tipologia di lending crowdfunding che consente a privati di richiedere le risorse necessarie a una pluralità di finanziatori non professionali, anche in deroga al divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico. La peculiarità è la possibilità di ottenere le risorse necessarie in un canale alternativo e da una pluralità di soggetti, i quali a loro volta, oltre a scegliere su chi investire, possono diversificare il proprio portafoglio.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Prima casa, superficie sotto tiro</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Rosanna Acierno
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
21
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Sotto la lente del fisco finisce la qualifica di lusso delle abitazioni acquistate come 'prima casa' direttamente dal costruttore da parte di persone fisiche. Per accedere ai benefici 'prima casa' occorre rispettare precisi requisiti di legge. Il recente decreto legislativo n. 175/14 ha modificato il Dm 2 agosto 1969. Con la 'vecchia' disciplina occorreva che l'abitazione non fosse qualificabile come di lusso ; in base a quella 'nuova' invece la casa non deve ricadere nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. In particolare: per gli atti soggetti a registro, la nozione catastale ha sostituito la 'lussuosità' così come definita dal Dm 2 agosto 1969 a partire dal 1°gennaio 2014; per gli atti soggetti a Iva, invece, il cambio è scattato solo a partire dal 13 dicembre 2014. Il Dm citato classifica, tra l'altro, come 'di lusso' le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240. Proprio con riferimento agli atti stipulati fino al 12 dicembre 2014 e relativi ad acquisti di 'prima casa' dai costruttori, gli uffici spesso verificano la superficie degli immobili acquistati e, se superiore a 240mq, provvedono all'immediata revoca dell'agevolazione.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Terreni, Imu ridotta se c'è contratto</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Gian Paolo Tosoni
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
22
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
La Ctr Emilia Romagna, con la sentenza 3485/11 depositata il 15 dicembre 2017, afferma che non sconta l'Ici come area agricola per l'intera superficie il terreno edificabile posseduto da un imprenditore agricolo professionale o da un coltivatore diretto, di cui il soggetto sia comproprietario con altre persone sprovviste di queste qualifiche. Questo, qualora non ci sia un contratto di concessione in uso. Il principio si applica anche all'Imu. Il caso esaminato dai giudici bolognesi riguarda ipotesi frequenti di comunione legale tra i coniugi. La fattispecie è relativa a un terreno in comproprietà tra tre persone, inserito nel piano regolatore del Comune come area edificabile, che i proprietari avevano assoggettato a Ici come terreno agricolo in quanto condotto direttamente da una comproprietaria in possesso della qualifica di Iap.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Chirurgia estetica: le prestazioni sono esenti da Iva</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Laura Ambrosi
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
22
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Con la sentenza 9/1/2018 la Ctp Ravenna afferma che le prestazioni di chirurgia estetica sono esenti da Iva in quanto si tratta di attività volte al benessere psicofisico della persona e come tali suscettibili del particolare trattamento Iva al pari delle altre prestazioni mediche. L'Ufficio notificava un avviso di accertamento ad un chirurgo estetico con il quale disconosceva l'esenzione Iva applicata alle fatture emesse. Per le Entrate le prestazioni dovevano scontare l'imposta al 22%. I giudici tributari di primo grado hanno tuttavia rilevato che l'attività del chirurgo estetico non è una prestazione meramente cosmetica, ma medica a tutti gli effetti. I trattamenti di medicina estetica sono riservati al medico non potendo essere svolti da estetisti. Sono, quindi, in ogni caso, rivolti a curare patologie che possono essere tese al conseguimento dello stato di benessere del paziente.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>L'integrativa lunga è possibile anche nel corso del giudizio</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Luca Benigni e Ferruccio Bogetti
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
22
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Applicazione retroattiva del Dlgs 193/2016. La presentazione della dichiarazione integrativa può avvenire anche in sede processuale in quanto l'oggetto del giudizio è l'accertamento del corretto presupposto d'imposta applicabile indistintamente a qualsiasi rapporto tributario non ancora esaurito. Ad affermarlo la Ctr Lombardia 407/1/18. Per i giudici tributari la revisione dei termini per presentare la dichiarazione integrativa ha valenza sistematica ed è applicabile retroattivamente al fine di far coincidere i tempi dell'esercizio del potere autocorrettivo del contribuente e quelli del potere impositivo dell'amministrazione. Inoltre, la possibilità di emendare la dichiarazione per errori commessi nella sua redazione in grado di incidere sull'obbligazione tributaria è esercitabile anche in sede processuale. Ciò in quanto oggetto del giudizio è sempre l'accertamento del presupposto d'imposta quale fonte dell'obbligazione tributaria.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Revisione guidata per le Pmi</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Claudio Ceradini
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
31
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Dal Consiglio nazionale dei commercialisti è in arrivo un vademecum per la revisione legale nelle Pmi. Lo scorso 2 febbraio è terminata, infatti, la fase di pubblica consultazione del documento sulla revisione nelle imprese di minori dimensioni. Ora, dopo l'esame delle osservazioni, prevedibilmente in tempo per orientare le fasi conclusive della revisione dei bilanci 2017, costituirà il riferimento operativo per i sindaci incaricati. La bozza di manuale traccia la via al sindaco revisore, declinando il contenuto dei principi Isa Italia e delineando le fasi del processo di revisione, dall'accettazione dell'incarico, alla programmazione del lavoro, sino alla sua esecuzione ed alla organizzazione delle carte di lavoro, senza trascurare puntuali indicazioni sulla verifica delle condizioni di indipendenza. Il sindaco-revisore è chiamato a pianificare il proprio lavoro, con l'obiettivo di limitare il rischio di revisione, e quindi la possibilità di emettere un giudizio positivo su un bilancio affetto da errori tali da comprometterne la funzione informativa e non individuati e corretti.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Tari, doppia via per i rimborsi</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Giuseppe Debenedetto
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
26
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Dal ministero dell'Economia arrivano nuove istruzioni sulle modalità di correzione della quota variabile Tari. I Comuni possono effettuare i rimborsi relativi alle pertinenze agendo in autotutela oppure attingendo le risorse finanziarie dal proprio bilancio. La prima strada è a saldo zero per il Comune, la seconda ha invece un impatto sulla fiscalità generale. Per il Mef non è comunque possibile riportare nei piani finanziari successivi le somme rimborsate ai contribuenti. Il problema interessa diversi Comuni, tra cui città anche piuttosto grandi. L'errore non riguarda solo l'applicazione della quota variabile alle pertinenza, ma anche l'illegittima restrizione del concetto di pertinenza. Tra i Comuni domina l'attesa di indicazioni definitive. Milano è stata la prima a rendersi disponibile per i rimborsi modificando il proprio regolamento Tari e le tariffe per il 2018 ma sui rimborsi non ha ancora preso una decisione.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Saldo Iva 2017, versamenti senza oneri entro il 16 marzo</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Franco Ricca
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
7
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Il 16 marzo 2018 scade il termine per versare, senza oneri aggiuntivi, il saldo Iva 2017. Con le maggiorazioni di legge è possibile, tuttavia, rinviare il versamento fino ai termini previsti per il pagamento a saldo delle imposte sui redditi. Per quest'anno tale scadenza è fissata per il 20 agosto 2018. Riassumendo il saldo Iva del 2017 può essere versato: entro il 16 marzo 2018 senza oneri aggiuntivi, oppure entro il 2 luglio 2018 con la maggiorazione dello 0,40% per mese o frazione di mese successivo al 16 marzo, oppure entro il 20 agosto 2018 con l'ulteriore maggiorazione dello 0,40%. L'importo da versare va arrotondato all'unità di euro, salvo che debba essere elaborato, come nell'ipotesi di rateazione, nel qual caso va arrotondato al centesimo. Il debito o credito Iva risultante a saldo dalla dichiarazione annuale non è dovuto e non è rimborsabile se non supera 10 euro; se superiore, l'importo è dovuto o rimborsabile per intero. Il versamento non va eseguito per importi inferiori a 11 euro.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Non profit, esenzioni limitate</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Sergio Trovato
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
9
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 3528/2018 ha chiarito che la convenzione con un ente pubblico non esclude la natura commerciale e non conferma che l'obiettivo perseguito sia quello di soddisfare bisogni socialmente rilevanti. Dunque, le convenzioni con la Pa non salvano dalle imposte locali. Solo l'esercizio delle attività sanitarie, didattiche, assistenziali ecc., a titolo gratuito o con richieste di rette simboliche, esone dal pagamento di Imu e Tasi. Per fruire dell'esenzione è essenziale che per lo svolgimento delle attività siano richieste rette simboliche e comunque non superiori alla media di quelle pretese dai soggetti che svolgono l'attività con modalità commerciali. Gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali concessi in comodato secondo la Dre Emilia-Romagna (sentenza 271/2017) sono esenti dall'Imu ma i giudici di legittimità non concordano in quanto gli enti proprietari non utilizzano direttamente gli immobili.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Pir, chi dismette può ricorrere al costo medio ponderato</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Bruno Pagamici
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
10
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Con la circolare n. 3/E del 26 febbraio 2018 l'Agenzia delle Entrate chiarisce che i redditi generati dagli investimenti nei Piani individuali di risparmio (Pir) non sono soggetti né a tassazione come redditi di capitali, né all'imposta di successione. La non imponibilità riguarda le persone fisiche residenti in Italia che conseguono redditi di natura finanziaria al di fuori dell'esercizio di un'attività di impresa. E' vietato essere titolari di più di un Pir e il limite massimo dell'importo investito non può superare i 150mila euro, con un limite annuo di 30mila euro. Inoltre, per poter fruire del regime di non imponibilità, bisogna detenere gli investimenti per almeno 5 anni. Solo trascorsi i 5 anni di durata degli investimenti sarà consolidato il regime di non imponibilità. In caso di dismissioni o mancato rispetto delle regole, i redditi percepiti sono soggetti a tassazione ordinaria senza applicazione di sanzioni. In caso di attività ceduta o rimborsata sarà possibile permanere nel Pil e beneficiare delle agevolazioni fiscali con il reinvestimento entro 90 giorni in altri strumenti finanziari. (Ved. Anche Il Sole 24 Ore: 'Pir 'lunghi', fisco più leggero' - pag. 4)
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Dichiarazioni 2018 al restyling</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Bruno Pagamici
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
12
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Super e iper ammortamento impattano sul quadro RF del modello SC 2018. La disciplina di vantaggio degli investimenti in beni strumentali nuovi ha determinato necessari ritocchi sui modelli dichiarativi delle società di capitali e sulle relative istruzioni. Per rendere più evidenti le misure delle singole discipline apportate dalla manovra 2018, sono stati individuati appositi codici in aggiunta a quelli presenti nelle istruzioni del modello dichiarativo dell'anno scorso, che sono state pertanto integrate alla luce delle nuove disposizioni. Resta centrale il momento in cui si viene a determinare l'investimento, anche in considerazione degli acconti corrisposti dal beneficiario. Per il super ammortamento scende dal 40 al 30% la percentuale di maggiorazione del costo di acquisizione e sono esclusi dal perimetro di applicazione dell'agevolazione gli investimenti in veicoli e in altri mezzi di trasporto. Inoltre, le nuove disposizioni sul super ammortamento non si applicano agli investimenti che si avvalgono della proroga dell'agevolazione di cui alla legge di bilancio 2017. Anche per l'iper ammortamento vanno fatte necessarie distinzioni.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Le srl a un euro si moltiplicano</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
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<font face="Arial" size="2">
Cinzia De Stefanis
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<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
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<b>Italia Oggi</b>
pag:
13
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<font face="verdana" size="2">
I dati elaborati da Infocamere dicono che in quattro anni sono nate 174.581 Srl a un euro. Lazio, Campania, Lombardia e Sicilia sono le regioni con il maggior numero di costituzione. In primis c'è il Lazio con 35.305 Srl sempificate. Segue la Campania con 23.946, poi la Lombardia con 17.886 Srl iscritte. In Sicilia sono 15.905 le Srl smart costituite e conseguentemente iscritte al registro delle imprese. Il settore in cui le imprese costituite sotto forma di srl semplificate sono maggiormente presenti è quello del commercio, seguito da costruzioni, alloggio e ristorazione e manifattura.
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