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<TR>
<TD>
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<div style="position:absolute; top: 32px; right: 24px; color:#009900; font-family: Arial; font-weight: bold; font-size: 12px;">19 Febbraio 2018</div>
</div>
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<div style="width:540px; margin-left: 30px; position: relative; margin-top: 40px; border-bottom:1px solid #343399;">
<SPAN style="color:#88888d; font-family: Times New Roman; font-weight: bold; font-size: 24px; line-height: 63px;">Notizie di Interesse</SPAN>
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</div>
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</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Affitti brevi, successo al test di rendimento</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Cristiano Dell'Oste e Bianca Lucia Mazzei
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore</b>
pag:
2
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Dietro il boom degli affitti brevi c'è Internet che facilita l'incontro tra domanda e offerta. Il portale Airbnb ha visto infatti crescere in modo esponenziale il numero degli annunci (+53,9% su base annua, rispetto al 2016). Mancano i dati ufficiali, ma a fronte dei 2,8 milioni di case affittate con contratti 'lunghi', è possibile che una parte non trascurabile dei 5,4 milioni di case qualificate dalle Finanze come 'a disposizione' siano locate per brevi periodi nell'anno. C'è interesse per gli affitti brevi ma occorre essere cauti. Un alloggio di medie dimensioni in zona semicentrale a Milano, con un tasso di occupazione del 50% delle notti, può rendere, al netto di imposte, dai 6.400 ai 10.500 euro all'anno. Per gli affitti 'lunghi' lo stesso appartamento può rendere 8.700 euro, considerando anche l'incidenza della morosità. Gli affitti brevi sono economicamente più interessanti nelle località turistiche e per la loro gestione occorre fare i conti anche con gli adempimenti burocratici. Confedilizia suggerisce di prestare attenzione anche alle normative regionali.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Con i lavori 'certificati' un mercato per 500mila</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Valeria Uva e Maria Chiara Voci
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore</b>
pag:
4
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Sono circa mezzo milione i professionisti abilitati a rilasciare i certificati e i documenti legati ai lavori in casa e le aziende autorizzate a rilasciare il nulla osta per gli impianti. Dalla Scia all'Ape sono tanti i documenti da preparare e bisogna affidarsi sempre a 'tecnici abilitati'. Per i proprietari di immobili non è semplice individuare il tecnico abilitato. L'Ape, ad esempio, deve essere redatta da un certificatore energetico. La legge 'riserva' questo compito a 50 lauree tra specialistiche e magistrali. E le cose si complicano per le pratiche edilizie come la Scia o il permesso di costruire. Qui abilitati non sono solo ingegneri e architetti ma anche i chimici, gli agronomi e i dottori forestali. Mettendo insieme le otto categorie che hanno competenze anche parziali nel mondo dell'edilizia si arriva a sfiorare la cifra dei 300mila abilitati. E a questi si aggiungono i certificatori energetici che in gran parte si sovrappongono.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Indagini Iva, più difese per l'acquirente</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Laura Ambrosi e Antonio Iorio
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
17
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Per gli acquirenti coinvolti in frodi Iva la buona fede, spesso, è la prova cruciale. In presenza di illeciti Iva commessi dai fornitori di beni e servizi, il fisco contesta al compratore l'indetraibilità dell'imposta, nonostante questo sia del tutto estraneo alla frode. La Cassazione richiede che in tal caso l'acquirente provi la propria buona fede. Nel corso di Telefisco 2018 la Guardia di finanza ha chiarito che in queste ipotesi gli elementi raccolti mediante intercettazioni telefoniche e ambientali potranno essere utili a provare la buona fede. Manca, tuttavia, un elenco di prove accettate dal Fisco e a nulla rileva che della violazione il contribuente non abbia tratto alcun beneficio, anzi ne abbia ricevuto un danno perché versata l'Iva non la può detrarre e per di più viene sanzionato.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Dal lease back ai debiti 'vince' la regola contabile</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Paolo Meneghetti
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
18
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Bilanci. Sul principio di derivazione rafforzata sono utili le disposizioni contenute nel Dm 3 agosto 2017 e i chiarimenti forniti in occasione di Telefisco 2018. La derivazione rafforzata si applica, ad esempio, nei contratti di lease back. La plusvalenza che ne deriva per aver ceduto il bene strumentale alla società di leasing è iscritta a conto economico nel momento di realizzo e poi ripartita con la tecnica dei risconti passivi in base alla durata del contratto di leasing. L'imputazione di quote annuali di plusvalenza non era mai stata riconosciuta quale procedura corretta in ambito fiscale, dovendosi applicare, quale massimo di rateizzazione della stessa plusvalenza, il quinquennio di cui all'art. 86 del Tuir. Ma con la risoluzione 77/E/2017 l'Agenzia delle Entrate ha cambiato opinione ritenendo che la quota di plusvalenza imputata a bilancio sia anche quella fiscalmente rilevante. Il principio di derivazione rafforzata trova applicazione anche nel caso del bene strumentale consegnato a fine esercizio e nella valutazione dei crediti/debiti con il criterio del costo ammortizzato.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Costi di sponsorizzazione: come si salva la deduzione</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Giorgio Gavelli e Renato Sebastianelli
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
19
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Sono numerose le verifiche fiscali che hanno per oggetto le spese di sponsorizzazione. Recenti pronunce della Cassazione ritengono inerenti e congrue le spese di sponsorizzazione sostenute verso le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche fino all'importo annuo di 200mila euro. Ma questo principio spesso è stato disatteso dal fisco che è solito disconoscere la deducibilità sulla base della presunta mancanza dei requisiti di inerenza ed economicità della spesa. L'Agenzia delle Entrate richiede che le spese siano certi, determinabili nel loro ammontare e inerenti. Ora non spetta più al contribuente dimostrare l'inerenza e la congruità del costo. Basta che le associazioni e le società sportive dilettantistiche siano iscritte al Coni e che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto sponsor e, infine, che a fronte dell'erogazione di queste somme ci sia una specifica attività da parte dell'associazione beneficiaria.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Tari, stop alle tariffe senza piano</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Luigi Lovecchio
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
20
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
In assenza del documento economico-finanziario sul servizio di gestione della Tari, la delibera che approva le tariffe è illegittima. Va dunque annullato l'accertamento emesso in applicazione di tali tariffe. Ad affermarlo la Commissione tributaria regionale della Campania, nella sentenza n. 8283/6/2017 depositata il 10 ottobre 2017. La bocciatura, tuttavia, non determina un vuoto impositivo perché il contribuente è tenuto ad applicare le tariffe vigenti l'anno precedente. Per determinare le tariffe della Tari il Comune è tenuto previamente ad approvare il piano economico finanziario relativo al servizio pubblico di gestione dei rifiuti, redatto dal gestore del servizio. Il piano contiene, oltre alla descrizione delle modalità di svolgimento del servizio, la classificazione dei costi, fissi e variabili, e le modalità di attribuzione degli stessi alle utenze domestiche e non domestiche.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Il partner della società di revisione evita l'Irap</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Laura Ambrosi
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
20
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Con la sentenza 504/23/2018, depositata lo scorso 6 febbraio, la Ctp di Milano ha affermato che il partner della società di revisione non è soggetto all'Irap in quanto svolge un'attività priva di organizzazione propria, operando all'interno di una struttura terza. Nel caso analizzato un professionista e socio di una società di revisione chiedeva il rimborso dell'Irap versata in diversi anni di imposta. L'Agenzia opponeva il silenzio-rifiuto e il contribuente ricorreva alla Ctp affermando il proprio diritto alla restituzione del tributo anche in base al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità. Per l'Ufficio era invece rilevante la carica di procuratore speciale per la gestione dei tirocinanti, carica che secondo l'Agenzia incideva sul presupposto impositivo. I giudici hanno invece considerato che il commercialista operava all'interno di una struttura terza posseduta dalla società.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Nell'esercizio provvisorio tocca al curatore pagare Iva e ritenute</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Stefano Mazzocchi
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Il Sole 24 Ore - Norme e Trib.</b>
pag:
20
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Le operazioni poste in essere dopo l'apertura del fallimento sono a carico del curatore. E ciò anche qualora sia stato disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa. La conseguenza è che a carico del curatore ricadono tutti gli adempimenti per quanto attiene il debito Iva per le operazioni attive poste in essere. Sulla base di queste premesse, la Ctp di Milano, con la sentenza 7160/1/2017 depositata lo scorso 29 dicembre, ha affermato che il curatore non può giustificare l'omesso versamento dell'Iva incassata durante l'esercizio provvisorio, sulla base del divieto di ledere la par condicio creditorum. Secondo i giudici meneghini il pagamento dell'Iva da parte del curatore non troverebbe un ostacolo nella legge fallimentare. Di conseguenza è corretta la scelta delle Entrate di far pagare dal curatore l'Iva incassata e dichiarata nella dichiarazione post-fallimento e relativa all'esercizio provvisorio.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>I contenziosi vanno in freezer</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Valerio Stroppa
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
6
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
La sentenza batte sempre la procedura amichevole. E poiché aumentano i casi di Map (Mutual agreement procedure) aperte dai contribuenti per risolvere i casi di doppia imposizione, sono in crescita anche i contenziosi che vengono sospesi dalle commissioni tributarie in attesa della definizione della controversia a livello internazionale. E' l'effetto della modifica normativa recata dal Dlgs 156/2015 all'articolo 39 del Dlgs 546/1992. Il quale ora prevede che il processo tributario è sospeso su richiesta delle parti laddove sia stata iniziata una Map che si tratti di una procedura avviata ai sensi delle Convenzioni bilaterali oppure della Convenzione arbitrale in materia di transfer pricing. Nonostante le differenze esistenti tra i due istituti, resta impregiudicata la prevalenza della sentenza rispetto all'accordo eventualmente raggiunto tra l'Agenzia e i 'colleghi' del paese estero.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Compensazione orizzontale, crediti spendibili in anticipo</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Franco Ricca
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
8
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Compensazione orizzontale dei crediti annuali Iva. La presentazione della dichiarazione già dal 1° febbraio 2018 consente di spendere i crediti oltre la soglia di 5mila euro dal decimo giorno successivo, e non più dal giorno 16 del mese successivo. Questa è l'unica novità positiva in un panorama caratterizzato dal susseguirsi di vincoli e restrizioni finalizzate a stroncare frodi e abusi. Il credito emergente dalla dichiarazione annuale Iva 2018 per il 2017, se non richiesto a rimborso, può essere scomputato dall'imposta dovuta nelle liquidazioni per l'anno successivo. Questa forma di compensazione, detta 'verticale' o 'interna', non è soggetta a vincoli o limite. Tuttavia il credito annuale riportato a nuovo può essere utilizzato anche in compensazione 'orizzontale' o 'esterna', ma la compensazione orizzontale è sottoposta a vincoli e limiti e non è consentita alla società ed enti non operativi per i quali l'eccedenza a credito risultante dalla dichiarazione Iva non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Appello, sì a documenti tardivi</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Sergio Trovato
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
10
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
La Corte di cassazione, con la sentenza 1963 del 26 gennaio 2018, rileva le differenze di disciplina tra il rito tributario e quello ordinario. Il giudice d'appello può motivare la propria decisione tenendo conto dei documenti prodotti tardivamente nel processo di primo grado ma a patto che siano stati prodotti nel giudizio di secondo grado entro il termine perentorio previsto per legge. Non è esclusa, infatti, la produzione in appello di nuovi documenti. Secondo i giudici di legittimità, la commissione tributaria regionale 'può fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, purché acquisiti al fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame'. Il deposito deve avvenire entro venti giorni prima dell'udienza.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Bonus ricerca discrezionale</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Roberto Lenzi
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
11
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Aumentano gli adempimenti a carico delle imprese per beneficiare del credito d'imposta R&S. Il Mise, con una circolare del 9 febbraio 2018, fornisce le linee guida. A carico delle imprese spetta l'onere di dimostrare che le attività di cui chiedono l'agevolazione 'presentino effettivi contenuti di ricerca e sviluppo'. Il contributo, inoltre, 'non ricomprende automaticamente tutte le attività legate in senso ampio al processo innovativo di un'impresa'. Il beneficiario dovrà predisporre 'un'apposita documentazione concernente l'ammissibilità delle attività di ricerca e sviluppo svolte, dalle quali risultino gli elementi di novità che il progetto intende perseguire' e da cui dovrà emergere 'un apprezzabile e significativo elemento di novità per il mercato'.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Tax credit pubblicità selettivo</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Bruno Pagamici
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
12
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Con una nota del 9 febbraio 2018 il Dipartimento per l'informazione e l'editoria ha fornito i chiarimenti in sede di prima attuazione del bonus pubblicità 2017 per gli investimenti incrementali effettuati sulla stampa, anche online. L'estensione del credito d'imposta al secondo semestre del 2017, previsto dal collegato alla legge di Bilancio 2018, non comprende gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti radio-televisive a diffusione locale. Sono escluse dall'agevolazione anche le spese sostenute per l'acquisto di spazi destinati a servizi particolari. Per le domande di fruizione, da presentare con una prenotazione su apposita piattaforma delle Entrate, verrà aperta una 'finestra temporanea' ampia (potrebbe essere dal 1° al 31 marzo di ogni anno). Limiti di spesa distinti per investimenti sulla stampa e sulle emittenti radio-televisive.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
</table>
<br><br>
</TD>
</TR>
<TR>
<TD>
<table style="border-bottom: dotted 1px black;" width="92%" border="0" cellspacing="3" cellpadding="3" bgcolor="#FFFFFF" align="center">
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#303498">
<b>Buoni pasto, costi deducibili con il criterio di competenza</b>
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Autore: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
Giovanni Valcarenghi e Raffaele Pellino
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="Arial" size="2" color="#666666">
<b>Fonte: </b>
</font>
<font face="Arial" size="2">
<b>Italia Oggi</b>
pag:
20
</font>
</td>
</tr>
<tr>
<td>
<font face="verdana" size="2">
Dallo scorso 9 settembre il legislatore ha previsto la possibilità di utilizzare i buoni pasto anche per l'acquisto di prodotti alimentari presso supermercati e mercati contadini ma fino a otto buoni cumulati. Gli stessi buoni possono essere utilizzati dai dipendenti anche in agriturismi e spacci aziendali. I ticket non sono cedibili né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare esclusivamente per l'intero valore facciale. Ma non è chiaro se questo limite si intende su base 'giornaliera' ovvero per singola 'operazione'. L'interpretazione letterale della norma induce a considerare la seconda soluzione in quanto non vi è alcun cenno a un periodo specifico entro cui spendere i ticket. E' chiaro che dell'utilizzo improprio dei buoni da parte del dipendente non risponde il datore di lavoro, vincolato solo alla corretta distribuzione degli stessi.
</font>
</td></tr>
<tr style="border-bottom: dotted 1px black;">
<td>
</td>
</tr>
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